Gli ostacoli culturali ad una effettiva parità di genere esistono ancora, ed anche in ambito sanitario questi modelli sono assai difficili da superare.
Questo avviene nonostante in Italia la maggior parte dei medici siano donne, ed il loro numero sia destinato a crescere.
Nei prossimi 10 anni infatti assisteremo alla completa femminilizzazione della professione medica; molti medici andranno in pensione, sostituiti da una forza lavoro più giovane e soprattutto composta da una maggiore quota di donne.
Ma la sanità pubblica sembra non aver ancora recepito questa nuova realtà.
Come in altri settori, la prevalenza femminile non corrisponde ad un’analoga rappresentanza nelle posizioni dirigenziali.
Quante donne nei ruoli chiave della medicina?
Ci sono esempi importanti che vanno citati, come la testimonianza della dottoressa Garavaglia, ricercatrice e responsabile di un importante sezione dell’istituto neurologico Basta di Milano.
La dottoressa Garavaglia riferisce numeri che non hanno bisogno di commenti: mentre il personale di servizio è composto da donne per il 71%, fra i direttori di unità operativa le donne sono il 33%, e ancora solo l’11% nei ruoli di alta dirigenza, come ad esempio direttori scientifici e sanitari, capi dipartimento ecc.
In un contesto come quello descritto è necessario che le donne siano più presenti a livello dirigenziale perchè è lì che si prendono le decisioni: se la presenza è prevalentemente maschile, tale sarà il punto di vista dominante, che mancherà della visione complessiva con la quale potrebbero essere affrontate problematiche di ogni livello, incluse quelle che generano ostacoli.
Parità sociale e parità professionale
Altrettanto importante, i contratti non prevedono la flessibilità che questo nuovo scenario impone.
Per attuare i cambiamenti necessari ad un’effettiva parità è necessario che le politiche di conciliazione casa-lavoro siano riviste e non intese esclusivamente al femminile:
per esempio, per alleggerire le donne dal peso della gestione familiare sarà necessario parlare non solo di conciliazione casa-lavoro, ma di condivisione casa-lavoro. La collaborazione e il contributo effettivo della figura maschile dovrebbero essere più incisivo e alleggerire concretamente il genere femminile dalle mansioni di originaria connotazione.
Il problema delle carriere resta attuale e in gran parte immutato: solo una donna su dieci occupa un posto di dirigente medico di struttura complessa ed è molto difficile per le donne raggiungere i vertici della professione o avere ruoli di responsabilità.
Emerge dunque la necessità di riformulare le politiche sanitarie su un prototipo di riferimento femminile.
Ma la femminilizzazione della medicina dovrà passare necessariamente sia attraverso la messa in atto di strategie family-friendly, sia attraverso l’abbandono e il superamento dello stereotipo che blinda la donna all’interno di ruoli stagni all’interno o della gestione familiare. Insomma il miglioramento della posizione sociale e professionale sono inscindibili.